La casa è il palcoscenico sul quale recitare la propria esistenza…..sarebbe la sintesi di William Shakespeare.
E’ domenica , un giorno di riposo che si confonde con tutti gli altri da quando siamo costretti a vivere “prigionieri” nelle nostre case di cui solo ora ci soffermiamo ad osservare alcuni particolari, come l’irregolarità del pavimento della terrazza e ad ascoltare il rumore provocato dal cucchiaino poggiato sulla tazzina del caffè. Questi particolari, fino ad ieri banali, sono significativi , poiché fanno riaffiorare alcuni ricordi sopiti. Nelle città il rumore del traffico urbano sovrasta tutto fino a disturbare il naturale cinguettio degli uccelli costretti a modificare i toni del canto. Gli uccelli modificano il loro canto in risposta al rumore del traffico, che influisce sulla loro capacità di attrarre le femmine e di difendere dagli intrusi il proprio territorio. Gli scienziati constatarono come gli uccelli si adattassero alle variazioni del rumore del traffico, regolando la durata e il tono del canto per riuscire a comunicare meglio con i loro simili. Nel momento in cui il traffico stradale veniva bloccato, per esempio dai blocchi imposti dall’inquinamento , gli uccelli riprendevano a cinguettare come prima, utilizzando toni più bassi e di maggiore durata. Noi dovremmo fare come loro , dovremmo utilizzare toni più bassi e di maggiore durata per iniziare a dialogare sia in famiglia che con quegli amici dimenticati ,anche quelli più lontani. E’ l’occasione di riscoprire i vecchi amici, anche se non si riesce a riconoscerli in quanto è passato molto tempo dall’ultima volta che li abbiamo visti o sentiti.
Un suggerimento utile in momenti del genere può essere quello di non collegarsi ossessivamente a Facebook o accendere continuamente la tv o la radio. Dovremmo cercare di riscoprire il piacere di stare con noi stessi, dedicandoci alle attività che ci fanno stare bene. Cucinare, leggere, ascoltare musica, scrivere, dipingere: la serenità arriva da piccole azioni quotidiane. Dovremmo nutrirci della creatività.
L’epidemia ha travolto tutto: il lavoro, la scuola, i ritmi delle città, i rapporti tra le persone. In un momento storico in cui l’immobilità sembra l’ingrediente fondamentale di una ricetta che ha come obiettivo la sopravvivenza, non dobbiamo bloccare la creatività. E’ essenziale in un momento dove tutto è fermo e non solo nel nostro paese , ora anche negli Stati Uniti si allunga la lista di negozi, catene di ogni settore che annunciano chiusure a tempo indeterminato. Lo stesso vale per la Francia e la Germania, mentre la Spagna ha adottato le nostre stesse misure permettendo l’apertura solo a negozi di alimentari, farmacie e altri considerati di prima necessità.
In Cina sta avvenendo l’opposto: tutti riaprono e si parla addirittura di “revenge spending”, letteralmente, spendere per vendicarsi, la spesa della vendetta. Sarebbe più opportuno definirla “la spesa consolatoria” anche se il consumo sembra prevalere per l’acquisto di cose materiali mandando in frantumi il pensiero di molti che in questi giorni ipotizzava che il coronavirus ci avrebbe cambiato in meglio o almeno ci avrebbe reso più consapevoli del lato spirituale dell’esistenza. Ma al momento una situazione di pseudo normalità è ancora molto difficile da ipotizzare.
E’ domenica 22 marzo 2020, Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, da poche ore ha parlato al paese per ulteriori misure restrittive.
Siamo tutti preoccupati, smarriti e questa mattina svegliandoci, per chi è riuscito a dormire, abbiamo preso consapevolezza della straordinaria situazione che viviamo e aprendo gli occhi abbiamo sperato che fosse a stato un brutto sogno , ma …..purtroppo non è stato un incubo.
Questi miei scritti sono solo un piccolo tentativo di creare un luogo dove rifugiarmi , provo a dare senso concreto alle parole che forse saranno irrise da qualcuno perché considerate retoriche o appunto senza senso. Ma, ripeto, il mio è solo un vano tentativo per placare, per far star meglio, la mia anima sempre più confusa ed impaurita. Mi sento sempre più impotente in quanto non riesco a rendermi utile come chi sta facendo cose straordinarie per salvare questo paese: i medici e gli infermieri in prima linea contro un male invisibile che sta mettendo a durissima prova tutti noi, le nostre certezze finanche i nostri valori.
Quando tutto passerà, avremo davanti, un paese diviso, debilitato ed affranto, da ricostruire forse ancor più di quanto non abbiano fatto i nostri nonni nel secondo dopoguerra. Non perché avremo macerie fisiche ma avremo peggio uno scenario terribile in termini economici e sociali. L’Europa nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale si presentava come un continente completamente distrutto, liberato ma distrutto da tutti quegli anni in cui era rimasto chiuso dalla morsa delle truppe che arrivavano da tutti i fronti. Davanti a tutta questa distruzione occorreva ricostruire; in Italia ,come in gran parte dell’Europa, la ricostruzione era da farsi in una situazione in cui la maggior parte della popolazione era disoccupata e la restante parte era di ritorno dalla devastante esperienza del campo di concentramento. Ci siamo riusciti. Ora, come è giusto che sia, abbiamo scelto prima la salute sull’economia, la privacy, il lavoro senza però cedere alla voglia di riprenderci quanto con tanto sacrificio eravamo riusciti a fare. Dobbiamo aiutarci a ritrovare quell’unità che nel dopoguerra ha permesso la ricostruzione.
La parola unità può essere solo una declamazione retorica, come a volte è una preghiera o per qualcuno l’inno, o una scelta di fondo.
Noi proviamo a trasformarla in fatti a partire da piccoli gesti che ognuno di noi può mettere in atto. Un esempio, un simbolo è il ponte di Genova che ieri grazie ad un gioco di luci tricolore ci è stato mostrato “completato” . Quelle immagini rappresentano come la nostra forza abbia prevalso sulla sconfitta. Ricordiamo che a Genova meno di due anni fa sono morte persone innocenti ed è stata certamente una sconfitta agli occhi del mondo ed oggi anche questa ricostruzione ci deve far riflettere e sperare.
Abbiamo davanti sfide enormi che da soli ognuno di noi, non si sognava nemmeno di affrontare, e sappiamo che non abbiamo altra strada per salvarci se non stando uniti.
Siamo in guerra. Non abbiamo altra scelta.
Noi possiamo vedere la luce solo se INSIEME sia nell’attuale fase di resistenza sia, speriamo quanto prima, nella fase di ripartenza saremo capaci di attivare, di alimentare quel motore per il quale nella storia siamo stati il carburante. Oggi questo carburante si chiama speranza. Noi tutti, in questo momento siamo questo combustibile preziosissimo.
Penso di poter dire che tutti noi siamo spaventati da quello che sta accadendo, in ansia per la salute dei nostri famigliari e dei nostri collaboratori, preoccupati per il futuro delle nostre aziende e attività.
Però saremo davvero piegati solo nel momento in cui avremo perso la fiducia nel futuro, la voglia di impegnarci insieme, l’emozione dinanzi a quei fatti come il ponte di Genova.
Grazie, per l’impegno, la passione e la fatica che tutti voi altri ci state mettendo.
Non mollate! Non molliamo! Forza Italia!