In questo fermentato clima politico, sociale e sanitario che il 2022 ci ha portato, spicca tra le principali testate giornalistiche e nei notiziari televisivi il caso del Kazakistan.
La Repubblica del Kazakistan è un Paese dell’Asia centrale. L’ ex repubblica sovietica vanta un’estensione territoriale enorme a fronte dei suoi 19 milioni di abitanti, principalmente di religione musulmana. Inoltre, la sua collocazione geografica, tra Europa e Asia, e tra Russia e Cina, colloca la repubblica asiatica come crocevia principale della nuova via della seta di Xi Jinping, carismatico leader della Repubblica Popolare cinese.
Oltre alla collocazione geografica, il transcontinente eurasiatico ha acquisito notorietà negli ultimi 20 anni grazie alla scoperta di immense risorse naturali ed energetiche quali gas naturale, petrolio, uranio e ultimo, non per importanza, le famigerate terre rare, vero e proprio motore della new economy marchiata Green.
I suoi scomodi ed enormi vicini asiatici hanno sempre messo in difficolta la Repubblica Kazaka, e il motivo per cui oggi si parla del Paese dell’Asia centrale è prettamente collegato alle sfere di influenza dei suddetti vicini. Proviamo a capirne qualcosa.
Cosa succede in Kazakistan?
Kazakistan deriva dal turco e vuol dire “libero, indipendente, vagabondo”.
La vicenda kazaka prende forma nelle prime settimane del mese di gennaio, quando la popolazione, stanca dei crescenti prezzi delle risorse energetiche di cui il Paese è ricco, decide di scendere in piazza. A seguito delle prime manifestazioni, il Governo kazako decide di reagire con brutalità. Fa il giro del mondo la notizia secondo la quale su ordine diretto del presidente Tokayev, le forze di polizia kazake hanno aperto il fuoco sui manifestanti, causando 164 morti tra popolazione e forze dell’ordine.
Lo sgomento nella civilissima Europa è grande. 164 morti ufficiali, 2200 feriti e oltre otto mila arresti. La Repubblica presidenziale Kazaka sembra rivivere le vecchie repressioni che hanno caratterizzato i quasi 50 anni di dominazione sovietica. In questo contesto geopolitico così denso, il gioco delle potenze globali si è mobilitato, creando dei veri e propri schieramenti.
Il gioco delle parti
Da una parte il più ingombrante dei vicini asiatici, la Russia di Vladimir Putin, che senza batter ciglio ha fornito manforte al dispotico presidente Kazako che ha autorizzato l’uso della forza sui manifestanti.
Dall’altra il solito, vecchio, mai anacronistico blocco Occidentale, guidato dagli Stati Uniti e seguito a ruota dall’Europa, che hanno denunciato apertamente l’uso di armi da fuoco sulla folla.
Infine, come spettatore apparentemente superpartes, il gigante cinese osserva l’evolversi della crisi dai suoi confini occidentali. Quello che in pochi sanno, è che la Repubblica popolare cinese pone tra le priorità interne (Taiwan, Xinjiang e Tibet) la soppressione sistematica della popolazione dei Uiguri, abitanti della Cina occidentale (lo Xinjiang) di fede musulmana in strette relazioni con i musulmani kazaki.
In questo groviglio di cause e concause, come evolverà la situazione?