La vecchia nuova realtà

Finalmente sono uscito. Dopo due mesi dall’inizio del lockdown, ho riassaporato il gusto fresco e primaverile di passeggiare tra le vie della mia città, che ora mi appaiono più belle che mai.

La prima sensazione che ho avuto quando la mia vista si è trovata di fronte quella pletora di vie, viuzze, palazzi e parchi che sempre mi hanno accompagnato tacitamente e servilmente durante i miei sbagli, le mie vittorie e le mie risa, è stata quella di trovarmi in un’altra città; una città che si presentava a me per la prima volta, esponendomi il suo volto di colori e profumi che mi hanno inondato i sensi. Dentro di me è emerso un sentimento di stupore e meraviglia – come ho fatto a non accorgermi di tutta questa bellezza, di questa via, di quella finestra, di quel negozio, di questa panchina ora rallegrata dal peso di una giovane coppia – come quando fai un viaggio in una città nuova e vieni accarezzato da un flebile tremore lungo la schiena che ti consegna quella sensazione tangibile che ti dice che sei emozionato.

“medici e infermieri della terra”

Ebbene sì, oggi abbiamo un malato ulteriore: la terra; ma non il pianeta terra che da qualche mese ha scoperto nuovamente cosa significa “respirare”, quanto è bello fare un lungo sospiro e riempirsi i polmoni di aria pulita e di uccellini, quanto è bello sentire sulla pelle delle nuvole i brividi del vento voluttuoso, che ora è più leggiadro più fresco e ribelle. La terra di cui parlo è quella dei nostri avi, delle nostre nostalgiche ed empatiche case di campagna, da dove nascono frutta e ortaggi, che emanano profumi di maturità e fatica, mentre si scrollano di dosso le tenere carezze del terriccio soffice e affabile. Ma dove c’è un parto, c’è un ostetrica che permette alla nascita di avvenire; e i nostri ostetrici silenziosi e solerti (e privi di diritti) – e abbronzati di un sole che controlla duramente il loro operato tutto il giorno – sono la pletora di agricoltori, la maggior parte immigrati irregolari, che si sono presi cura della nostra terra, amandola e rispettandola ogni giorno, più di quanto lo facciamo noi che in quella terra ci siamo nati.

Il privilegio di vivere dentro una bolla

Una bolla di sapone, delicata sognatrice, mondo di riflessi colorati con un tocco di nostalgica magia, in grado – al primo sguardo come al primo amore – di riportare il tuo Io derelitto ed arcigno nel passato, quando ti bastava un po’ di sapone per dare vita ad avventure di ogni genere e dimensione; non all’altezza dei sogni ma più alte, perché quando si è bambini non esiste metafora che può arginare il flusso dei desideri.

Perchè sarà l’affetto tra esseri completamente differenti

“I sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi”

Quella narrata da Luis, la fiaba dai lineamenti adulti, ci ha insegnato ad accettare, anzi a fare un passo in più, oltrepassare il ponte vacillante e insidioso del pregiudizio – che spesso ci fa cascare in squallidi torrenti aridi d’acqua – per arrivare all’amore per il diverso. Pensando all’amicizia ossimorica tra la Gabbianella e il Gatto, mi è venuta in mente quella tra un sasso e un piccolo e impavido germoglio che ha deciso di nascere dal cuore granitico della gravida roccia.

Pensieri di un marinaio che soffre di mal di mare

“Devo ringraziare che oggi c’è il sole”

Altro giorno di isolamento, altro giorno dentro casa. Gli uccellini mi augurano il buongiorno attraverso le loro sinfonie. Il vento scevro di indumenti si aggira tra le vie della città, sicuro di non incontrare nessuno che ostacoli la sua lascivia. Mi affaccio al balcone, trampolino del mio vascello catastale che semplifica il mio appuntamento con il mondo esterno, freddo e catartico. Sotto a dei blocchi con occhi di vetro, si estende una selva condominiale dove un coacervo di frutti dell’uomo e semi della natura coesistono con tacita deferenza.

Compleanno in balcone

È il giorno del tuo compleanno e non puoi uscire, non puoi festeggiare con gli amici davanti a distese di bicchieri di vino, non puoi ascoltare il tradizionale ma piacevole “tanti auguri”, non puoi scartare i regali che si vestono con gonne scarlatte, blazer blu lucidi e papillon dai colori di una tavolozza di un pittore, non puoi abbracciare chi ti vuole bene a prescindere da quel giorno, il tuo giorno, che, puntuale come le stagioni, rammenta che le parche indefesse hanno aggiunto un altro stame al fuso della tua vita. In quel giorno, che si maschera come i suoi avi e i suoi figli, ti alzi con gli stessi occhi stropicciati dal sonno e la stessa andatura di chi raccoglie da terra pezzi di un sogno bruscamente interrotto.