Perché oggi più che mai abbiamo bisogno di Dante Alighieri

“E quindi uscimmo a riveder le stelle”, è l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, ed è l’espressione che meglio dipinge la nostra situazione attuale dopo due anni dall’inizio della pandemia. Uscire nuovamente, sia fisicamente dalla solitudine forzata all’interno delle nostre case, sia mentalmente per riscoprire la bellezza delle interazioni umane, delle conversazioni dal vivo, dei sorrisi sempre meno nascosti dalle algide mascherine. Come Dante e Virgilio che con fatica hanno superato l’inferno e sono arrivati alla spiaggia dell’Antipurgatorio a contemplare le stelle “come pura felicità dello sguardo”, anche noi stiamo per uscire dall’inferno denominato “pandemia” e ci godiamo le stelle da un’ottica diversa: non più soli dietro una finestra, ma fuori dalle nostre case e in compagnia di amici, amori e parenti. Il 25 marzo si festeggia il Dantedì, ovvero la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, il quale 722 anni fa iniziò la stesura di quel capolavoro italiano che chiamiamo Divina Commedia. Andiamo a esaminare alcuni dei versi più famosi della sua opera. “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, Inferno v.1 Tutti conosciamo questo verso, almeno una volta nella vita lo abbiamo letto su qualche libro o lo abbiamo ascoltato da professori o scrittori. Sono le prime parole della Divina Commedia e l’inizio del lungo e tormentoso viaggio di Dante per arrivare al Paradiso. Dante fa riferimento alla “nostra” vita, ovvero la vita di tutti, senza distinzioni, noi che almeno una volta ci siamo persi, siamo caduti, ci siamo smarriti tra le ostilità e le difficoltà che l’esistenza ci pone di fronte. Ognuno di noi aspira al “Bene”, al Paradiso, ma per raggiungerlo dobbiamo passare e sopportare condizioni di dolore e peccato, ovvero dobbiamo superare una “selva oscura”. “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”, Inferno v.9 Dante trova questa frase sulle porte dell’Inferno, e trova il coraggio di entrarvici solo grazie alle rassicurazioni del suo grande maestro Virgilio. Ogni speranza deve essere lasciata quando si entra nel mondo dei dannati, perché loro sanno dove stanno entrando, ma non sanno quando ne usciranno. Ed è un po’ come la vita reale: quando affrontiamo una difficoltà, sappiamo a cosa andiamo incontro, ma non sappiamo quando ne usciremo. Però, Dante è riuscito a superare l’Inferno anche grazie al supporto del suo amico Virgilio, e così noi nella vita reale saremo in grado di superare ogni ostacolo solo se accompagnati dalle giuste persone, solo se non saremo soli. Perché tutti abbiamo bisogno del nostro “Virgilio”. “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, Inferno v.103 Ci troviamo nel girone occupato dai lussuriosi, tra cui Paolo e Francesca, esistiti veramente e non solo nella fantasia di Dante, e uccisi a causa del loro amore impossibile perché cognati. La frase è di Francesca e ci dice che l’Amore non permette a nessuna persona amata di non ricambiare. Secondo Dante, la forza travolgente dell’Amore alla fine fa breccia anche nel cuore più ostile al sentimento, e quindi l’Amore non si può arginare e non si può fuggire da esso. E in questo periodo della nostra vita, l’Amore è un sentimento necessario: negli ultimi due anni abbiamo “intorpidito” i nostri sensi, li abbiamo spenti perché spenta, o meglio in pausa, era la nostra vita. Ma ora che abbiamo riscoperto la libertà, la nostra voglia di amare è più forte che mai. “Ahi serva Italia, di dolore ostello”, Purgatorio v.76 Con questi versi Dante si rivolge al nostro Paese, che è devastato dalle lotte interne, dalla corruzione della Chiesa, dalla distruzione dei valori. Dante inveisce contro l’Italia che descrive come una “nave senza cocchiere”, per accentuare la mancanza di un governo che sappia guidare la popolazione verso orizzonti migliori. Nonostante siano passati più di 700 anni, questo verso è spesso attuale date le condizioni fragili del nostro apparato politico e le lotte di potere tra partiti che rallentano lo sviluppo e la crescita del nostro Belpaese. “L’amor che move il sole e l’altre stelle”, Paradiso v.145 Sono le parole con le quali Dante termina il suo viaggio che lo ha condotto al raggiungimento della gloria paradisiaca. Ci troviamo nell’Empireo, un cielo che accoglie santi, angeli, beati, ma anche Dio (l’Amor), di fronte al quale il Poeta perde per un momento le sue preziose parole, “a l’alta fantasia qui mancò possa”. La bellezza del Paradiso non può essere comunicata, è ineffabile, ma è talmente forte e totalizzante tale da muovere il sole e tutte le stelle dell’universo. Dante conclude così il suo viaggio, che è un po’ anche il nostro, insegnandoci che non c’è nulla oltre l’Amore a muovere chi siamo. Perché alla fine della nostra esistenza, saremo giudicati per l’amore che abbiamo saputo ricevere e per l’amore che abbiamo saputo accogliere. L’importante, alla fine del viaggio, è riuscire a riveder le stelle. Se volete partecipare agli eventi in programma per la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri il 25 marzo 2022, date un’occhiata al sito del Ministero della cultura!                  

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