Le tensioni geopolitiche e lo scoppio della Guerra in Ucraina hanno messo in secondo piano la crisi sanitaria in Italia e in Europa. Ma come hanno vissuto e vivono gli studenti universitari la crisi Covid?
Il 2022 continua a stupire. Se da un lato erano in pochi ad aspettarsi il ritorno di una guerra in territorio europeo, ben altro discorso riguarda la crisi sanitaria.
A due anni e un mese dallo scoppio di questa devastante pandemia, la popolazione italiana ha dimostrato tutta la sua resistenza e resilienza. La campagna vaccinale continua senza sosta, si pensa di far cessare lo stato di emergenza il 31 marzo, e generalmente, le misure di contenimento e di prevenzione si stanno allentando in tutta Italia.
La fine sembra vicina dopo due anni, anche se, come sappiamo, alcune nuove abitudini quali la mascherina e gli igienizzanti in tasca difficilmente scompariranno a breve.
Quello che rimane, però, sono i due anni di sofferenze, restrizioni, decessi e contagi. L’impatto di questa pandemia è stato molto grave, e ha intaccato tutte le fasce d’età, dai giovanissimi ai più anziani, in cui il tasso di letalità era, per ovvie ragioni, più alto.
Oggi ci soffermeremo su una delle categorie più trascurate durante questa pandemia, ovvero gli studenti universitari.
Gli studenti universitari in Italia sono un milione e seicentomila. Questa componente sociale ha subito gravemente le conseguenze della pandemia. Non dimentichiamo che l’Università è un momento formativo importante anche dal punto di vista sociale.
Questi studenti, futuri professionisti, si sono ritrovati chiusi in casa per due anni, passando le loro giornate a fare smart learning, senza possibilità di interagire in modo appropriato e costruttivo con colleghi e professori, togliendo loro la possibilità di maturare e condividere idee e pensieri.
Si stima che l’impatto dello smart learning dal punto di vista accademico sia stato enorme secondo un report del MIUR e le osservazioni degli esperti in materia, così come le difficoltà che gli atenei hanno dovuto sostenere per convertirsi istantaneamente alla didattica a distanza. Ovviamente, ci sono stati atenei che hanno superato brillantemente il passaggio dalla lezione in presenza a quella in remoto, mentre altri hanno dovuto posticipare interi corsi di studio per far fronte alle inadempienze tecniche e tecnologiche.
Solo ora, dopo due anni, alcune università ricominciano ad avviare una forma ibrida per le lezioni, in cui una parte degli studenti segue in presenza, mentre il resto è da remoto.
La confusione va ancora per la maggiore nelle università italiane. Molti docenti universitari hanno dato disponibilità per permettere agli studenti di sostenere gli esami in presenza e in digitale, così da agevolare coloro che hanno lasciato le loro case universitarie per tornare nelle città d’origine.
Finalmente, dopo due anni, si intravede un tenue ritorno alla normalità anche per questa categoria di studenti che, probabilmente, ha subito più di altre le conseguenze della pandemia, e contemporaneamente è stata tacciata di irresponsabilità nel momento in cui le autorità sanitarie hanno allentato la presa.