Molti popoli hanno un legame forte con il caffè, però quando si nomina questa bevanda degli dei, non si può non pensare al
binomio Italia-caffè.
Il rituale del caffè, in Italia, è sacro. E anche la preparazione.
Infatti, ci sono molte diatribe in merito, bisogna scegliere uno schieramento oppure optare per quello al bar. Ciò che è chiaro, è che è sempre il momento giusto per un caffè.
Questo tesoro racchiuso in una tazzina, di ceramica o di vetro a seconda delle preferenze, è anche il “pretesto” per un incontro tra amici, l’accompagnatore di una piacevole conversazione o la consolazione di una che lo è un po’ meno. È anche un simbolo di ospitalità, è la prima cosa che uno offre quando invita un amico a casa.
Per ovvie ragioni, la
cultura del caffè non nasce in Italia ma la sua lavorazione è certamene frutto dell’ingegno italiano. Sicuramente dobbiamo riconoscere un primato all’Italia in quanto a Venezia nel 1645, venne aperta la prima bottega del caffè dell’Europa.
La bevanda del diavolo
Così veniva chiamato dalla Chiesa che si oppose fortemente alla sua diffusione in Italia. La sua colpa era evidente, rendeva più disinibiti anche gli spiriti più calmi e quindi conduceva alla perdizione. La bevanda essendo stata per secoli consumata dai musulmani era chiamata anche Vino d’Arabia. Fu Papa Clemente VIII che riabilitò il caffè pronunciando la fatidica frase “Questa bevanda di Satana è talmente buona che sarebbe un peccato farla bere solo agli infedeli”.
Questo diabolico elisir ha funto da musa ispiratrice anche a molti grandi artisti della storia tra cui il compositore Johann Sebastian Bach che, si dice, lo amava al punto da dedicargli la Kaffeekantate, La Cantata del caffè.
Data la venerazione degli italiani per il caffè, solitamente quando viaggiano all’estero trovano che altre preparazioni, diverse da quella italiana, siano una eresia. Ma bisogna anche dire che non si è mai sentito uno
straniero lamentarsi del caffè italiano.
Siccome è la bevanda più consumata al mondo, dopo l’acqua, per quelli che
visitano l’Italia o si
trasferiscono, il caffè potrebbe essere il denominatore comune della loro cultura e quella italiana che li fa sentire a casa.
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