Vi racconto una favola e come tutte le favole spesso sono cattive e paurose, piene di streghe, mostri , disastri e solo alla fine giunge il lieto fine. Quindi, c’era una volta un mondo che non c’è più e che mai più …..
Quanti di noi, tutti, fin dalle prime notizie dai primi giorni hanno detto, pensato che quello che stiamo vivendo ricorda la trama di tanti film di fantascienza . Anche io ho fatto una simile riflessione paragonando l’incredibile situazione a quella che qualche anno fa avevo appreso leggendo un libro, Cecità, ben fatto dello scrittore Jose’ Saramago, premio nobel per la letteratura. Il libro narra di un tizio un automobilista che improvvisamente in una città si accorge di essere diventato improvvisamente cieco e riuscirà a guadagnare la via di casa solo con l’aiuto di un uomo , peraltro che si rileverà un ladro. L’uomo insieme alla moglie andrà da un un medico specialista che non riuscirà a spiegare l’improvvisa cecità.
Ben presto, però, la cecità comincia a diffondersi. Il “ladro”, “il medico”, la “moglie del primo cieco”, sono tutti colpiti dalla strana malattia. La “moglie del medico” sembra l’unica a non essere contagiata. L’epidemia si diffonde in tutta la città e il governo del paese decide, provvisoriamente, di rinchiudere i gruppi di ciechi in vari edifici, allo scopo di evitare il contagio. Ogni giorno le guardie avrebbero fornito il cibo agli internati.
Inizialmente la distribuzione degli alimenti avviene regolarmente, ma ben presto i ciechi si ritrovano abbandonati, perché la cecità si diffonde anche tra i soldati e i politici, fino a colpire tutto il paese (tranne la moglie del medico). All’interno del manicomio, inoltre, un gruppo di ciechi (i “ciechi malvagi”) s’impossessa di tutte le razioni di cibo provenienti dall’esterno per poter ricattare gli altri malati e ottenere potere e altri vantaggi, compresi rapporti sessuali con le donne.
Proprio durante uno di questi stupri collettivi, la moglie del medico uccide il capo dei ciechi malvagi. Nel tentativo di rendere inoffensivi questi ultimi, un’altra donna dà fuoco ad un mucchio di coperte nella loro camerata, ma il fuoco si diffonde e finisce per avvolgere tutto l’edificio. Molti ciechi muoiono, ma una parte di loro (tra questi, il gruppo della moglie del medico), riesce a uscire all’aria aperta.
All’esterno dell’ex manicomio la moglie del medico vedrà i risultati dell’epidemia. Morti per le strade, la città in totale abbandono, gruppi di ciechi che occupano le case altrui e lottano l’uno contro l’altro per assicurarsi del cibo. Il gruppo della moglie del medico cerca di organizzarsi e di riacquistare la dignità che nella reclusione gli era stata sottratta; tra i membri si instaura amicizia e collaborazione e a loro si unisce un cane randagio, “il cane delle lacrime”, attirato dal pianto della donna.
Nel finale tutti i ciechi guariscono senza alcuna ragione apparente, proprio come all’inizio della vicenda era sopraggiunta l’epidemia. Questo finale sembra come se il mondo abbia il suo modo di riequilibrare le cose e le sue leggi, quando queste vengono stravolte.
E’ come se mentre correvamo con le nostre auto sempre più moderne e potenti all’improvviso qualcuno in modo inconsapevole abbia tirato il freno a mano. L’auto inevitabilmente ha iniziato a capovolgersi su stessa dopo aver disegnato cerchi neri sull’asfalto, ne siamo usciti frastornati , impauriti e soprattutto consapevoli che molto probabilmente quella corsa che non sappiamo quando potrà riprendere non la potremmo più fare a le velocità di prima ….il nostro futuro sarà d’ora in avanti con il piede sul freno.
Il momento che stiamo vivendo, pieno di anomalie e paradossi, fa pensare…Questo blocco forzato delle auto , con il contestuale collasso dell’economia, ha prodotto livelli di inquinamento accettabili. L’aria migliora, si usa la mascherina, ma si respira…
Questo virus ha azzerato tutte le differenze ideologiche e discriminatorie, ci sta facendo capire che in un attimo possiamo diventare tutti vulnerabili anche se non abbiamo colpe. Abbiamo costruito il nostro quotidiano all’inseguimento di livelli sempre maggiori di produttività e contestualmente sul consumo. Il nostro correre incessante oltre 12 ore al giorno dietro a non si sa bene cosa, senza soste, da un momento all’altro si arresta. Siamo costretti a casa a fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso il valore, perchè non misurabile in compenso o in denaro.
Tempo, quello che fino a ieri lamentavamo di non averne, ora come dobbiamo impiegarlo? Dobbiamo ritrovare i valori della famiglia che spesso abbiamo delegato a figure terze ed istituzioni. Il virus chiude le scuole e costringe a trovare soluzioni alternative, a rimettere insieme mamme e papà con i propri bimbi.
In un mondo digitale dove ci siamo costruiti tutte le comodità con le domotiche più sofisticate, improvvisamente privati della nostra libertà sentiamo il bisogno di aggregazione, rimpiangiamo i cinema, i teatri, i pub, i posti di conversazione sentiamo il bisogno di “coccole” di quegli abbracci e baci che spesso abbiamo dato per scontati.
Tutta la nostra esistenza era basata sulla costruzione e alla difesa del nostro perimetro ed ora questa situazione ci costringe ad un nuovo paradigma basato sulla reciprocità, il senso di appartenenza, la comunita, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro.
Forse il virus è venuto ad insegnarci tutto questo, tutti i valori che abbiamo man mano offuscato, le relazioni che abbiamo azzerato in favore della distanza digitale. Forse il virus ci vuole riportare alla vera realtà, al significato buono delle cose. Ai sapori veri, agli odori. Forse vuole risvegliare gli animi e soprattutto insegnarci a cambiare approccio e priorità. Abbiamo l’obbligo di reinventarci nella consapevolezza che la vita è un bene prezioso alla quale dobbiamo sorridere.
Trasformiamo i sogni nella nuova realtà. Impariamo ad ascoltare tutti i segnali che il mondo ci manda e che ultimamente dal sussurrare era diventato un grido di dolore…..nella speranza di tornare a vivere tutti felici e contenti.