Mai come oggi ai tempi del coronavirus i nostri soldi depositati sui conti correnti sono a rischio perdite per le minacce di prelievi forzosi, di imposte patrimoniali, di commissioni bancarie in aumento. Da giorni si è iniziato a parlare di una nuova tassa sui soldi, occulta e quindi anche più subdola, quasi invisibile e quindi pericolosa, e dalla quale occorre difenderci anche se è difficile. Partiamo dal fatto che ci sono troppi, tanti soldi sul conto corrente e tanta incertezza su ciò che sta avvenendo nelle nostre storie personali e professionali. L’uomo tendenzialmente ha la necessità di superare un “senso di impotenza” in quanto per natura vorrebbe avere il potere sulle cose, sulle situazioni e cercare soluzioni rapide a tutto. Sicuramente in questi giorni è uno stato collettivo, che ci accomuna, che ci unisce e forse rende simili anche le nostre preoccupazioni che seguono quella primaria: l’esigenza di “sopravvivere”.
Tornando alla liquidità sui conti correnti questa scelta potrebbe rilevarsi un grave errore strategico.
L’incertezza genera paura, ansia, angoscia che a loro volta portano all’immobilismo, allo stallo, alla fatica. Le persone hanno timore di prendersi dei rischi e se i tempi della ripresa dovessero allungarsi è ipotizzabile che la ricchezza investibile degli italiani possa ulteriormente aumentare soprattutto per il “fermo” dei consumi.
Come accade in ogni periodo di crisi in Italia, si torna a parlare di patrimoniale, una tassa che andrebbe a raccogliere liquidità direttamente dai soldi dei cittadini. Così il Governo riuscirebbe a trovare i fondi tanto necessari per gestire l’emergenza e la crisi legata al coronavirus.
Una tassa, che potrebbe anche trasformarsi in un prelievo forzoso per garantire un’operazione più rapida, che va a toccare conti correnti, investimenti e immobili di chi viene ritenuto “ricco”, privati o imprese, ma che, a seconda di come verrebbe gestita, potrebbe colpire anche chi non possiede significativi patrimoni.
Non sempre, infatti, avere una casa di proprietà e qualche investimento è sinonimo di ricchezza. Correva l’anno 1992 quando ci fu l’ultimo episodio di imposta patrimoniale in Italia. A quel tempo il governo di Giuliano Amato, al suo primo mandato, prese la storica decisione, considerato il crollo della lira e la drammatica emergenza della finanza pubblica, di applicare una patrimoniale del sei per mille (0,60%) su tutti i capitali detenuti dagli italiani sui conti correnti.
Il decreto fu attuato nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992.
In quel caso si optò per questa soluzione e non per la svalutazione, che poteva sembrare la via più facile, perché l’Italia aveva già un debito pubblico troppo elevato e un ulteriore indebolimento della lira avrebbe creato ancora maggiori problemi alle finanze pubbliche rischiando di condurre il paese in un tunnel senza uscita.
Giuliano Amato, allora presidente del consiglio, giustificò questa manovra data la situazione drammatica del sistema finanziario pubblico che si stava vivendo in quegli anni poiché la lira era vittima di un vero e proprio attacco speculativo.
Le cose, tuttavia, non andarono come Amato e i suoi collaboratori avevano osato sperare: nonostante la legge finanziaria di luglio, al cui interno era compresa questa tassa patrimoniale, portò nelle casse statali circa centomila miliardi di lire.
La Lira, dovette comunque uscire dal Sistema Monetario Europeo. Venne allora nominato Carlo Azeglio Ciampi, ai tempi governatore della Banca d’Italia, a capo di un governo tecnico per far uscire l’Italia dalla crisi.
Contro questa decisione unilaterale del governo il correntista privato non ha in realtà nessuna possibilità di opporsi. Questo perché il governo al momento dell’annuncio pubblico prende anche dovute contromisure per fare sì che non possano essere prelevate somme in tempo dai conti correnti.
Il prelievo forzoso, detto anche tassa patrimoniale, è una procedura straordinaria, riservata a casi di particolare emergenza. Sostanzialmente, il Governo, a sua discrezione, anche senza preavviso, può applicare una tassa straordinaria su tutti i conti correnti di tutte le banche.
Talvolta viene stabilito un importo sotto il quale non applicare il prelievo, ma può anche essere preso in considerazione qualsiasi deposito con saldo attivo, e la percentuale della riscossione viene decisa secondo il fabbisogno del governo.
L’obiettivo di una tassa patrimoniale (attraverso il prelievo forzoso) è di trovare una soluzione ad una crisi finanziaria del Paese non risolvibile con interventi di politica monetaria ordinaria.
Parola d’ordine: diversificare!
Sicuramente una soluzione è la diversificazione dei risparmi.
Diversificare vuol dire anzitutto prendere consapevolezza di dove abbiamo investito e con quali strumenti lo abbiamo fatto. A livello ingenuo è sufficiente aumentare il numero degli investimenti per migliorare la diversificazione del portafoglio, ma se andiamo più a fondo potremmo scoprire degli elementi nuovi che potrebbero rappresentare la soluzione al problema tramite un’accurata asset allocation. Tale concetto è stato formulato da uno studioso statunitense, Harry Markowitz, che l’ha sintetizzato perfettamente in un noto aforisma: “Non mettere tutte le uova nello stesso paniere”.
L’ economista statunitense, vincitore del Premio Nobel per l’economia nel 1990, mette in guardia da uno degli errori più comuni degli investitori, quello di concentrare gli investimenti su un ristretto numero di titoli.
Secondo Markowitz una corretta asset allocation, vale a dire la ripartizione degli investimenti tra diverse tipologie di titoli, contribuisce a massimizzare il profitto diminuendo nel contempo i rischi.