La guerra in Ucraina continua ad imperversare. Il costo umano è difficile da stimare e ancora non si vedono spiragli di pace. Contrariamente, le conseguenze di questo conflitto sono molto tangibili e quantificabili, come ad esempio l’impennata dei costi delle materie prime quali grano, orzo, gas e petrolio.
Questa crescita esponenziale dei costi coinvolge i mercati mondiali, per questo non c’è da stupirsi del dilagare di misure ad hoc per limitare l’impatto di questi costi sui singoli cittadini. Diversi governi europei stanno mettendo in moto sistemi di sussidi statali, riforme, e tagli di accise sui prodotti direttamente colpiti dalle conseguenze del conflitto.
L’Italia rientra a pieno regime tra i Paesi più colpiti dalle ripercussioni della guerra nell’Europa dell’Est. Il Bel paese infatti è fortemente dipendente dall’importazione del gas russo, così come dall’importazione di grano e derivati ucraini. Ciò comporta un aumento dilagante dei costi dei beni di prima necessità quali i carburanti, il pane, la pasta e il riscaldamento.
Il Governo sta cercando di porre rimedio a questa spiacevole situazione che riguarda tutti i cittadini. Le misure ad ora apportate hanno riguardato principalmente l’abbattimento del picco del prezzo del carburante, la cui corsa si è attestata a 2,18 euro/litro nelle settimane precedenti. Per quanto utili e indispensabili, siamo sicuri che queste misure rappresentino il giusto percorso da intraprendere?
Questione di priorità
Il calo dei prezzi della benzina ha sicuramente tranquillizzato molti cittadini italiani, che hanno visto di buon occhio l’impegno del Governo nell’affrontare questa drammatica crisi. Allo stesso tempo, è necessario considerare che l’inizio del 2022 doveva segnare la svolta verso un processo di transizione ecologica tramite il PNRR, dopo i due anni di pandemia.
Un evento come il conflitto che si sta consumando ai confini dell’Europa, ha posto in secondo piano quella che fino a quattro mesi fa era la priorità della Commissione Europea, ovvero la Transizione verde e la lotta ai cambiamenti climatici.
Non solo. Il conflitto e le logiche che ne derivano (l’aumento dei prezzi di gas naturale e petrolio) non hanno soltanto posticipato lo sforzo di evitare l’utilizzo di fonti non rinnovabili, ma hanno addirittura invertito il trend delle fonti rinnovabili in quanto, attualmente, meno affidabili e più costose.
Prospettive
Per quanto dannosa e controproducente sia l’attuale situazione, bisogna sempre tener conto delle varie prospettive che l’Italia, l’Europa e il mondo hanno a disposizione, basta solo prenderle in considerazione.
Ad esempio, questo conflitto catastrofico, potrebbe far prendere consapevolezza dei rischi della dipendenza energetica dei Paesi europei dalle fonti non rinnovabili. Usando questa prospettiva, si incentiverebbe l’uso delle fonti rinnovabili, in linea con i piani della Commissione europea, e, allo stesso tempo si ridurrebbe la dipendenza dai Paesi esportatori di materie prime energetiche, bilanciandone il potere contrattuale.
Questo approccio, più costoso da un punto di vista economico, ma sicuramente più lungimirante, realizzerebbe un compromesso tra le vicissitudini della guerra in Ucraina e il topic globale della crisi climatica, la cui priorità è stata messa in discussione troppe volte.