“I sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi”
Quella narrata da
Luis, la fiaba dai lineamenti adulti, ci ha insegnato ad accettare, anzi a fare un passo in più, oltrepassare il ponte vacillante e insidioso del pregiudizio – che spesso ci fa cascare in squallidi torrenti aridi d’acqua – per arrivare all’amore per il diverso. Pensando all’amicizia ossimorica tra la
Gabbianella e il Gatto, mi è venuta in mente quella tra un sasso e un piccolo e impavido germoglio che ha deciso di nascere dal cuore granitico della gravida roccia.
E così, dove sembra che non esista vita – già il colore disillude il sognatore più perverso dall’accostare il grigiore lugubre del sasso alla colorata e cangiante vita – invece, per magia o inganno, nasce qualcosa: un piccolo stelo di un verde diafano, che accarezza e ascolta, con gli archetipi di quelle che saranno vanagloriose foglie, la ruvidezza e l’insensibilità alla vita della roccia austera. Quello che prima, derelitto, veniva calpestato dalla vita che scorre (e corre) nei piedi delle ombre senza volto, ora, lacrima di un mondo più sensibile e pensatore lasciato a sé stesso, diventa oggetto di miracolo, di ammirazione per quell’incidente stocastico tra scienza e fantasia; uno sgambetto che madre natura ha ricevuto dalla speranza di chi crede che ancora qualcosa di buono esista.
Ora, non è più imbronciato il torvo sasso: prima, gli era concessa, a discrezione della curiosità errante del vento e del calcio sferrato dai tediosi, una passeggiata lungo le onde brinate di prati placidi, che concedevano la loro danza voluttuosa, nelle serate primaverili, alle giovani coppie che dissipavano i loro segreti e sogni alle nuvole lacere – ferite di lanugine e distrazione –, ma adesso con quel verde manto concupiscente con il quale scambiava sguardi e ricordi, sussurra all’orecchio intimità licenziose e poesie d’amore. Loro, da sempre distanti per colpa delle dinamiche eziologiche della loro genesi, sempre stati così
vicini ma lontani di vedute e prospettive, e che ricevono i sacrilegi degli umani – chi sottoforma di carezze voluttuose chi di voli pindarici tribolanti –, si scambiano la vita e accettano chi, la vita, l’ha sempre vissuta o assaporata da prospettive poliedriche. Non appartengono più a mondi – anzi, a dimensioni – differenti; adesso si completano l’un l’altro: il sasso dipinge il suo manto austero del colore della vita; il germoglio, nei suoi primi vagiti di clorofilla, apprende che anche un cuore duro ed arido può far nascere qualcosa di unico al mondo.
E da oggi, su quel sasso che ha imparato a vivere, prende il sole, lucidandosi le sue belle ali bianche, la gabbianella Fortunata di Sepulveda.
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